È una storia un po’ lunga.
Inizia a Giugno 2020, quando alla porta del mio casino bussa un orso. Succedono cose, brutte, ma l’orso non se ne va. Resta e mi aiuta a trovare fiato, alleggerendo il peso, tra sentieri e dislivelli. I km si allungano, I passi diventano più leggeri, le quote si alzano e nella mia testa comincia a crescere piano piano l’idea che forse potrei provare a fare un ultra, le Dolomiti di Brenta cominciano a prendere forma nel mio casino.
Ma ero ancora molto lontano dall’obbiettivo e quello era solo un sogno.
Passa quasi un anno, supero i 40k, i dislivelli cominciano ad essere interessanti, ma io di gare non ne ho mai fatte e per prendere confidenza mi consigliano di aprire le danze con l’Ultrabericus 65k 2400D+ ma sui Colli.
Accetto e arrivo al traguardo, felice.
Per un paio di giorni aprono le iscrizioni alla DolomithsRun anche per i poverelli come me che non hanno punti per poter accedere ad una gara così, e niente decido di iscrivermi all’ultra 63k 3000D+. Se fai una stronzata la devi far grossa altrimenti non ne vale la pena.
Non siamo sui colli, siamo sulle Dolomiti, ma arrivo alla fine, felice. E piango, perché quei 370gg che precedevano la gara non sono stati una passeggiata.
Mi resta il sogno di un anno fa la Dolomiti di Brenta Trail. Meno km, ma 2850 d+ su un terreno che non è mio, con passaggi per me difficili, ma ormai siamo al galoppo, tanto vale provarci. Che dire, 9h30min per chiudere uno dei giri più belli che io abbia mai fatto.
Le Dolomiti di Brenta sono stronze, ma sono talmente belle che ti tolgono il fiato. Sarà che lí ho combattuto uno dei miei mostri, sarà che lì ho iniziato a credere in quell’orso che ha bussato alla porta più di un anno fa, sarà che a me gli stronzi piacciono, ma io a quei sentieri sono legata ed è lí che qualcosa è cambiato. Ho vissuto questi 47k tutti d’un fiato, me li sono bevuti, ho riso, scherzato, rivissuto e rielaborato tutto.
La Bocca di Brenta è la porta per me, come è stata la porta di ingresso l’anno scorso, per un mondo che non conoscevo. E alla Bocca di Brenta sono arrivata e con il sorriso ho corso in discesa fino a Molveno, felice. La felicità non sta solo dopo Passo Padon davanti la Marmolada, ma sta anche sulla Bocca di Brenta.
Questo per raccontare una storia perché magari oggi c’è qualcuno che come me, un anno fa, non sta bene e si trova a terra e non sa come fare a rialzarsi. Ecco, io non ho la soluzione ma a me, questo sogno fatto di crode e km e un orso mi hanno salvata. Correre qualcosa di impossibile, qualcosa che tu credi impossibile, è la migliore terapia che possa esserci per ritornare a credere in se stessi, per ritornare a cercare le forze dove avevamo dimenticato di averle riposte.