3818 km
129 027 mt di Dislivello Positivo
669 h passate tra i monti a correre, o perlomeno provarci.
Aspetto sempre la fine dell’anno per tirare le somme dei km percorsi, per vedere quanta strada ha fatto la mia mente mentre le mie gambe andavano. Quest’anno è stato particolare, quell’obbiettivo che pensavo di non poter raggiungere me lo sono portata a casa in una notte calda di fine Giugno, in Corso Italia a Cortina.
Da Giugno in poi è stata discesa, con qualche strappetto ma nulla di rilevante. Mi son goduta l’allenamento, il respiro sopra i mille senza la costante pressione del “ce la farò?” “sarà abbastanza?”, cosi sono arrivata a dicembre senza troppo affanno. Mi porto a casa un anno di consapevolezza sui km, che sono quasi gli stessi del 2021 ma con un bel po’ di dislivello in più. Mi porto a casa giri lunghi e consapevoli, tra le montagne che amo, mi porto a casa gare in solitaria al mio ritmo, avventure in zone che non conoscevo come la Carnia e il Lagorai, il giro delle Marmarole che pensavo di non riuscire a fare, qualche cerchietto in Appennino ma sopratutto una resistenza maggiore, mentale e fisica, che nel mio piccolo è già tanto.
Sento di dover e poter fare di più a questo punto, non so come, ma lo sento. Volevo e credevo che la LUT sarebbe stata il “di più” che descrivo, ma la fortuna colpisce una volta sola e quindi la rimandiamo al 2024. In questo 23 devo rivedere i miei programmi e dare voce a questa necessità di “di più” in maniera diversa. Ho il terrore di fermarmi quì, accontentarmi, perchè il punto nel quale sono arrivata è sempre e comunque oltre le mie iniziali aspettative.
Ho paura di sedermi e non spingermi oltre proprio sul più bello che le mie gambe vanno. Dicembre è stato un mese di riflessione, pochi km, cerchietti stretti e tante valutazioni.
Sono entrata in libreria per i regali di Natale e in uno scaffale in alto l’ho visto: L’Alchimista.
Mi ero dimenticata dell’importanza di questo libro, di quanto fondamentali siano state le sue parole in passato. Leggere i segnali, perseguire qualcosa di tuo, non avere fretta, perseverare. Con calma ma costanza.
L’uragano della corsa è piombato nella mia vita in un contesto di devastazione totale, me ne rendo conto solo ora con lucidità. La corsa in montagna è arrivata proprio quando ne avevo più bisogno, aveva già bussato alla mia porta anni prima, ma senza troppo successo. Me ne pento di non aver raccolto i segnali, ma probabilmente non era il tempo adatto. Mi sono portata al limite dell’autodistruzione (lo dico perchè ho bisogno di vederlo scritto per renderlo concreto), mi sono odiata, mi sono voluta talmente tanto male cercando fuori da me un motivo che era dentro di me, era lì ma io non lo vedevo. Ho perso la traccia, mi son persa, ma forse non mi sarei ritrovata se non mi fossi prima persa.
Non mi so perdonare ancora, invidio chi ci è riuscito, chi ha elaborato l’errore trasformandolo in consapevolezza e rigore. Io non ci riesco a pieno ma sto elaborando che ciò che è stato doveva probabilmente essere e che difficilmente sarei quì ora se non l’avessi vissuto. Mi sa tanto da scusa, ma forse è realmente così. Mi sembra di aver perso tempo, energie, posto, spazio, ad un’attenta analisi però sono consapevole che qualcosa in quel lasso di tempo ho fatto: cercavo la strada giusta per me, sbagliando e tentando di seguire tracce diverse e non sempre giuste. Cercavo di orientarmi senza cartina, con la presunzione di poter trovare la via senza sapere. Ecco forse è proprio la presunzione che non mi perdono. Pretendere di poter fare senza sapere, è il male più grande. A tentativi però ho creato competenze, rimettendoci parecchio probabilmente e con il doppio del tempo, ma le ho create e oggi le sento. Non ne parlo, le uso, non le condivido per paura di errare di presunzione ancora.
Qualcosa ho fatto. Mi dico. Forse non abbastanza, non molto da potermi perdonare. Poi, la vita mi ha dato una spinta, quando pensavo di aver trovato il cartello giusto, mi ha ricordato che perseverare fa parte del mio essere, la fatica è per me motivazione, la testardaggine mi avrebbe portato più in là di quanto credevo. La tempesta della corsa è arrivata lì. Nel momento nel quale ne avevo più bisogno e mi ha ricordato che “io posso, se ci credo”.
Saturno è entrato nel mio segno a Maggio 2020. Io non credo a queste cose. Ma l’altro giorno, nella Baia di Vallugola, seduta nel mio SuDO con il nano sopra i piedi e il portellone aperto per ascoltare un’amica che mi parlava di astrologia l’ho scoperto: Saturno porta alla luce la necessità di troncare tutti quei rapporti che sono sterili e non portano nulla di buono alla nostra vita. Il distacco può avvenire da persone, situazioni, luoghi, abitudini o modi di essere.
Insomma, avere Saturno contro è na rottura ma può anche portare a inattese opportunità. Perchè non importa quanto piove se sai ballare sotto la pioggia. E a mia discolpa, io ballo meglio sotto la pioggia che sotto al sole. Non so perchè ma è sempre stato così, reagisco meglio nei momenti di crisi, sono più precisa, caparbia, costante, non mollo un colpo.
Del lungo passaggio di Saturno io conservo con gelosia la tempesta della corsa, delle salite, delle forcelle e dei momenti di “non ce la farò mai”, dei sorrisi all’arrivo, di quella sensazione dopo 13-15-18h di corsa che ti fa sentire leggero e in pace con il mondo.
Il segreto sta nell’ammirare tutte le meraviglie del mondo senza mai dimenticare le due gocce di olio nel cucchiaino.
Ho centrato il mirino sull’obbiettivo e in funzione di questo ho mosso tutto il resto, non perché volessi arrivare alla fine di una gara, ma perché avevo bisogno di qualcosa di concreto per modificare ciò che ero e non volevo più essere. Perche quando lo fai non è che poi l’hai imparato, lo devi rifare tante volte, ripetere e contestualizzare, crearne un protocollo e riproporlo testandolo per assumere la consapevolezza di poterlo rifare, tante tante volte.
A giugno ho capito di poterlo fare, ho capito come ho fatto a farlo, poi mi son presa del tempo per rendermene conto. Ora è tempo di somme. Ora è tempo di provare a perdonarsi ripetendo le cose giuste e conservando quelle sbagliate per non ripeterle. E’ un flusso di parole questo, ne sono consapevole, poco senso avranno per chi non mi conosce, ma credo sia un punto fondamentale. L’arrivo a Cortina per me è stato un punto di passaggio e a guardare i segnali accaduto esattamente il giorno in cui l’uragano della corsa è entrato nella mia vita due anni prima. Un segnale di una ricorrenza che si ripete e lascia traccia sulla mappa che ora ho imparato a leggere.
Ecco, io non ringrazio nessuno in questo 2022 e non mi aspetto nulla dal 2023. Semplicemente ora ho una cartina, una bussola e delle buone scarpe. Vedrò di usarle bene e orientarmi senza fare grandi cazzate, perseverando e rendendo onore a ciò che ormai 3 anni fa mi ha salvato.